Dalla poetessa e scrittrice Marcella Rossi un’opera dedicata alla straordinaria figura e alla poesia in dialetto folignate di Giulio Giuliani. Lanciata come “un messaggio nella bottiglia” verso i lettori della contemporaneità, la raccolta di Marcella Rossi è piacevole manifesto della memoria che affida al dialetto uno spaccato della Foligno tra Otto e Novecento.
Presentazione a Spello, alla Fondazione Barbanera 1762 il prossimo 7 Giugno alle ore 16:00. E non è un caso: tanto Giuliani quanto l’autrice hanno collaborato al celebre Almanacco.
Un libro può essere un atto d’amore. E lo è senza dubbio l’ultima fatica letteraria di Marcella Rossi “Giulio Giuliani. Poeta nostro”, uscita per Edizioni Thyrus. Un lavoro di lungo impegno – cinque anni di studi e ricerche – che l’autrice, lei stessa poetessa e scrittrice, ha voluto dedicare alla poesia in dialetto folignate e alla straordinaria personalità di Giulio Giuliani (1871-1949), “poeta, cuciniere, viaggiatore”. Perché viaggiatore di commercio Giuliani lo è stato davvero, a cavallo tra Ottocento e Novecento, per le due storiche tipografie cittadine Campitelli e Salvati, dove “il nostro”, come non di rado l’autrice lo apostrofa, non mancò di prestare la sua penna a metà degli anni Venti al celebre lunario Barbanera a cui dedicò poi il sonetto “Barbanera senza varva”. Non è un caso allora se proprio l’Editoriale Campi e la Fondazione Barbanera 1762 ospiteranno nell’Orto Giardino delle Stagioni (ingresso parcheggio via Pasciana), giovedì 7 giugno alle ore 16, la presentazione del volume curata dalla stessa autrice.
Sarà qui, tra aromatiche e pergolati in fiore che Giuliani avrebbe molto amato, che il racconto si snoderà tra storie sorprendenti, pagine di una Foligno d’altri tempi e sonetti che Marcella Rossi reciterà restituendo il ritratto vivo e sorprendente di colui che rappresenta “il culmine della poesia dialettale nell’idioma dell’area umbro-laziale”. Personalità eclettica, musicista, genio poetico, ecologista e animalista ante litteram, affidò all’idioma nativo la sua gioia di vivere, quella che, scrive l’autrice, gli consente “di volare alto, oltre ogni stridente contrapposizione”. Con un obiettivo preciso: “cantare la bellezza inestimabile del vivere”.
Nel volume ottantuno poesie, piacevoli, ironiche, narrative o giocose, brulicanti di persone e personaggi, di passioni ed esperienze personali, di pensieri, riflessioni o sdegno contro la corruzione e la crudeltà, affidate ad una lingua che appariva al poeta in grande mutamento. Manifesto della memoria – Giuliani scrisse dal 1890 circa agli anni ’40 del Novecento – le poesie sono un patrimonio che la Rossi ha ricevuto da Fausto Scassellati, amico, poeta dialettale e custode di memorie a cui la raccolta è dedicata.
“Nel luglio 2004 – si legge nella dedica – Fausto Scassellati volle donarmi il frutto di una sua laboriosa ricerca presso la Biblioteca Comunale Faloci-Pulignani di Foligno, allo scopo di raccogliere le poesie che Giulio Giuliani aveva pubblicato nei giornali della sua epoca… Essere oggetto di tale generosità significò per me una sola cosa: avrei redatto un’opera per rinverdire la memoria del poeta.” Un’impresa impegnativa, un lungo lavoro di selezione e analisi critica in cui affiora con forza anche l’intento della curatrice di restituire linfa ad un dialetto oggi “dileguato, lettera morta”, e invece degno di essere ricordato dalle generazioni future. “Voglio lasciare uno scritto – conclude Marcella Rossi – cui affido l’accidentato compito di attraversare il mare in tempesta, proprio come il messaggio nella bottiglia di antica memoria.”
Al lettore le poesie si offrono in sei diverse tematiche – Mondo vegetale, Animali, Cibo, Emozioni e sentimenti, Feste giochi divertimenti, Le cose della vita –, accompagnate passo passo da traduzione e commento, letterario e metrico. Con una preziosità. Prima di arrivare ai versi, le pagine accolgono un’opera autobiografica di Giuliani oggi introvabile “Memorie di un viaggiatore di commercio”. Ma poi ecco arrivare l’Acqua de lu Menotre, Lu Sabbitu Santu, Li cituruni, La Fiera de le Meràncole, Sant’Uràcchiu. O La Sèpe, del 1925, con cui la raccolta esordisce, lieve ma pensosa, pronta a cogliere il mondo nel flusso inarrestabile di una trasformazione a cui, già allora, non era indenne nemmeno il paesaggio umbro. “… Cuscì, tutto finisce anco diqquine / Su st’Ummria verde e tant’arinomata / non vidi più la sèpe prufumata, / ma ‘na trincea che segna lu confine.”
Marcella Rossi è stata docente nei Licei statali di italiano e latino e storia dell’arte. Poetessa e critico letterario e d’arte, dalla metà degli anni Settanta del Novecento è attiva nello studio, nella pratica e nella ricerca di medicine naturali e arcaiche. Numerose le pubblicazioni e le collaborazioni, tra cui per Thyrus Casoperaie e Fòri mano, poesie in lingua folignate, inoltre uno studio critico Tranquillo Vasco Pontini – Capolavori in dialetto.